mercoledì 23 maggio 2012

Comunicare con il consumatore post-moderno

Alcuni studiosi ritengono sia in atto, da decenni ormai, un processo di transizione dalla società moderna ad una società postmoderna che manifesta, rispetto alla precedente, notevoli elementi di discontinuità: ai principi deterministici e statici della società moderna, vengono opposti i principi dell’irregolarità, della mutabilità e del caos. A dispetto di come, apparentemente, potrebbe sembrare, la società oramai entrata in questo nuovo paradigma, non è affatto superficiale, vacua ed opportunista. È proprio in questo scenario che si creano le basi per nuovi legami, nuove forme di tribalità e, con essa, anche nuove regole che connettono i nostri comportamenti. Ed in un siffatto scenario il sistema impresa sta incontrando sempre più difficoltà nell’attirare l’attenzione dei consumatori e conquistarne la stima. I mercati sono sempre più iper-frammentati e i consumatori sempre più disinteressati e scettici nei confronti della comunicazione d’impresa. Tali motivi stanno portando sempre più imprese e agenzie di comunicazione a ridefinire “creativamente” i propri metodi, allontanandosi dagli schemi rigidi del marketing di massa.



http://www.4marketing.biz/2012/01/come-e-cosa-comunicare-nellattuale-contesto-tecno-sociale/

martedì 27 settembre 2011

Il nuovo consumatore? Usa i social media e rispetta l'ambiente


Il consumatore del XXI secolo? Attento e informato, meno incline a prendere rischi rispetto al passato, cerca come sempre affidabilità, convenienza e durata, ma usa i nuovi media per ponderare le sue scelte. Strumenti che lo rendono "contrattualmente" più forte rispetto al passato: interessato ai problemi ambientali, si aspetta ad esempio serie risposte sul fronte dell'efficienza energetica e della riduzione dell'inquinamento.
Sono alcuni degli aspetti fotografati dal Global Business Summit, think tank organizzato dal Sole 24 Ore e Harvard Business Review, che ha aggiunto altri indizi sui nuovi comportamenti del consumatore globale, tra post-crisi e web 2.0.
Il nuovo consumatore - ha spiegato John A. Quelch, professore di Business Administration all'Harvard Business School ed esperto sui temi di marketing e strategia – presta grande attenzione ai consigli e ai dibattiti che fioccano nelle community virtuali, nelle reti di amici e in quelle familiari. Anche perché trascorre sempre più tempo tra social network e motori di ricerca, complice la crisi che estende questa "vita" online: si esce di meno e si cerca nelle reti sociali quel confronto che viene a mancare in ambito lavorativo. L'hanno capito le aziende, che coinvolgono sempre più il cliente nella creazione del prodotto, e devono mostrare ottimismo ed empatia, quella riassumibile nel "I feel your pain" pronunciato da Bill Clinton. Devono ascoltare e rispondere, senza arroganza e utilizzando gli stessi strumenti degli utenti.
I social media cambiano il modo di concepire l'informazione.E per mantenere il paragone con la politica, il passaggio dai media tradizionali ai social media è come quello tra autocrazia e democrazia. Non a caso uno "sconosciuto" come Barack Obama è riuscito ad assicurarsi le primarie democratiche battendo l'ex first lady Hillary Clinton. Con la sua campagna mediatica informale, l'insurgent Obama non ha vinto solo grazie a internet, ma non ce l'avrebbe fatta senza. Ha raggranellato un movimento che ha lavorato per lui dal basso, postando video contro l'establishment rappresentato da Hillary, e ha ricevuto la più alta percentuale di contributi in denaro sotto i 200 dollari: donazioni "popolari".
«Quando cambiano gli strumenti del marketing, cambiano le strategie del gioco», ha affermato John Deighton, anch'egli professore di Business Administration ad Harvard e punto di riferimento per gli studi sull'interactive marketing. I social network insidiano i grandi brand, i quali più che impegnarsi a costruire il proprio valore, devono proteggersi dagli attacchi che arrivano dalla rete e difendersi "perché internet è una bacheca aperta ai reclami".
Deighton ha snocciolato alcuni dati. Gli utenti sono circa 1 miliardo (il 15% circa della popolazione mondiale). E passano 5 ore e 27 minuti al mese nell'uso dei social network: una media che si alza negli Usa (6 ore e 2 minuti) e ancor più in Italia (6 ore e 28 minuti). Va bene l'esplosione dei socila media, ma per quanto riguarda il diritto alla riservatezza? L'eccessivo uso di questi mezzi non compromette la nostra privacy? Più privacy significherebbe meno identità, risponde Deighton. Perché in rete "identità" non esprime più quello che vorrei essere, ma quello che sono.

mercoledì 21 settembre 2011

Consumption (economics)


Consumption is a common concept in economics, and gives rise to derived concepts such as consumer debt. Generally, consumption is defined in part by comparison to production. But the precise definition can vary because different schools of economists define production quite differently. According to mainstream economists, only the final purchase of goods and services by individuals constitutes consumption, while other types of expenditure — in particular, fixed investmentintermediate consumption and government spending — are placed in separate categories. Seeconsumer choice. Other economists define consumption much more broadly, as the aggregate of all economic activity that does not entail the design, production and marketing of goods and services (e.g. the selection, adoption, use, disposal and recycling of goods and services).
Likewise, consumption can be measured by a variety of different metrics such as energy in energy economics . The total consumer spending in an economy is generally calculated using the consumption function, a metric devised by John Maynard Keynes, which simply expresses consumption as a function of the aggregate disposable income. This metric essentially defines consumption as the part of disposable income that does not go into saving. But disposable income in turn can be defined in a number of ways - e.g. to include borrowed funds or expenditures from savings. Consumption also decreases demand.





http://en.wikipedia.org/wiki/Consumption_(economics)

lunedì 31 gennaio 2011

I CENTRI COMMERCIALI IKEA....


  
La struttura, a labirinto, dei centri commerciali IKEA, viene definita da Allan Penn della University College di Londra l' "Arma psicologica per confondere e favorire gli acquisti";
e ancora: 

«Il successo dell’Ikea si basa su una specie di imbarazzo dei clienti che perdono l’orientamento. Per raggiungere l’uscita bisogna girovagare in una serie infinita di svolte e giravolte. In questo infinito viaggio si mettono perciò nel carrello molte più cose di quelle preventivate».

L'Ikea ha 283 negozi in 26 differenti nazioni che hanno generato, nel 2010, 2,7 miliardi di euro di profitti. E' stata fondata nel 1943 dallo svedese Ingvar Kamprad, il quale già da piccolo aveva il la fissa degli affari: vendeva fiammiferi ai suoi vicini di casa. Poi si accorse che poteva pagarli meno acquistandoli da un grossista di Stoccolma. Dopo i fiammiferi si diede alla vendita di pesce, decorazioni per alberi di Natale, matite, sementi, penne a sfera e altri prodotti. A 17 anni, grazie ai soldi ricevuti da suo padre per i suoi eccellenti risultati scolastici, fondò il "labirinto", come lo chiama il professor Penn. Kamprad, che ha 84 anni, fino a poco tempo fa guidava un'auto vecchia di 15 anni, volava in classe economica e raccomandava ai suoi dipendenti di scrivere sempre su tutti e due i lati di un foglio per risparmiare la carta.


http://www.corriere.it/cronache/11_gennaio_24/ikea-labirinto_625f32ee-27d7-11e0-9fb9-00144f02aabc.shtml

giovedì 27 gennaio 2011

Centro Commerciale



In che modo la struttura di un centro commerciale influenza i nostri comportamenti?
!
Siamo consapevoli delle nostre azioni e delle scelte che facciamo?!